Auto elettrica, per le batterie a fine vita ecco come si punta su riutilizzo e riciclo

L’obiettivo è recuperare oltre il 90% dei metalli contenuti negli accumulatori al litio, grazie a una nuova tecnologia italiana. La prima fabbrica è prevista nel 2024.

Come trattare le batterie al litio esaurite? Molte volte ci siamo posti questa domanda, sulla scia del previsto boom delle diverse applicazioni per i dispositivi di accumulo elettrochimico, in particolare l’auto a zero emissioni e lo storage residenziale o a livello di rete. Così abbiamo approfondito, citando differenti studi, il riuso vs riciclo delle batterie

Dove finiranno le batterie esaurite dei veicoli elettrici?

È una domanda sempre più frequente: si teme che gli accumulatori al litio delle auto alla spina diventeranno una seria minaccia per l’ambiente, poiché contengono alcune materie prime potenzialmente inquinanti e difficili da smaltire.

Le soluzioni per lo smaltimento delle batterie puntano su riutilizzo e riciclo, due pilastri dell’economia circolareche renderanno sempre più sostenibile la mobilità elettrica.

Oggi però “nessuno recupera il litio”, racconta Luigi De Rocchi, responsabile ricerca e sviluppo di Cobat, la piattaforma nazionale che assicura la corretta gestione di diverse tipologie di rifiuti.

Difatti, spiega De Rocchi, gli impianti di riciclo “utilizzano un tipo di trattamento termico-chimicochenella fase iniziale, quando si riscalda la batteria a elevata temperatura, comporta la perdita del litio”, quindi si possono recuperare solo gli altri materiali come cobalto, nickel, alluminio e rame.

Poi c’è un problema di normativa europea, non più al passo con i tempi (è del 2006), che prevede si debba recuperare il 50% in peso della batteria, senza fornire sotto-obiettivi specifici per i diversi materiali e metalli.

L’Italia potrebbe giocare un ruolo di primo piano per le nuove tecnologie in questo settore.

Il Cobat, con il Cnr-Iccom (Consiglio nazionale delle ricerche-Istituto di chimica dei composti organometallici), ha sviluppato un processo idro-metallurgico che permette di recuperare oltre il 90% dei metalli contenuti in una batteria al litio.

Questi risultati si sono ottenuti in laboratorio, ma il passo verso una tecnologia su scala industriale potrebbe essere più breve di quanto si pensi.

Nel 2024 dovrebbe essere pronta una linea produttiva a livello commerciale, con l’obiettivo di trattare 2.000 tonnellate annue di batterie, più che sufficienti, secondo De Rocchi, nella fase iniziale della diffusione delle auto elettriche.

Secondo Luigi Mazzocchi, esperto di batterie presso Rse (Ricerca sul sistema energetico), in Italia arriveremo a dover smaltire 100.000 tonnellate annue di batterie, se sarà rispettato il traguardo dei 5 milioni di auto elettriche nel 2030, fissato dal Piano nazionale su energia e clima.

L’economia circolare è un punto essenziale di questa strategia di autonomia energetica: le gigafactory dovranno ridurre al minimo i loro impatti sull’ambiente.

Qui si aprono le porte per altre possibili applicazioni di queste batterie, soprattutto nei sistemi stazionari di accumulo energetico sia a livello di singoli edifici sia per impianti di maggiori dimensioni al servizio della rete.

In questo momento, però, prosegue Mazzocchi, “l’ostacolo è far diventare queste applicazioni convenienti dal punto di vista economico”.

È uno degli obiettivi dell’iniziativa appena lanciata da nove partner industriali, tra cui Rse e Cobat, per creare la prima filiera italiana per il recupero delle batterie a fine vita del settore automotive.

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